Usare l'Intelligenza Artificiale in materia giudica può essere pericoloso
... e possono sbagliare anche gli avvocati

In questi giorni molte pagine giuridiche pubblicano lo stralcio di una pronuncia del Tribunale di Torino che così recita "Ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., si ritiene altresì necessario condannare parte attrice al pagamento della somma di euro 500 in favore di ciascuna delle parti convenute.
La ricorrente ha infatti agito in giudizio con malafede o, quantomeno con colpa grave, dal momento che ha proposto opposizione nei confronti di avvisi di addebito che le erano stati tutti notificati in precedenza, già oggetto di plurimi atti di esecuzione anch’essi tutti regolarmente notificati ed ha svolto – tramite un ricorso redatto “col supporto dell’intelligenza artificiale”, costituito da un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti, senza allegazioni concretamente riferibili alla situazione oggetto del giudizio – eccezioni tutte manifestamente infondate."
Cosa è successo: un avvocato, probabilmente incaricato di una causa impossibile, affidava all'AI la soluzione del caso e il "cervellone" lo accontentava: forniva un ricorso apparentemente fondato che però non solo non lo era, ma era stato palesemente inventato. La conseguenza è stata, non solo il rigetto e la condanna alle spese, ma altresì una condanna per lite temeraria per migliaia di Euro.
La morale da cogliere è chiara: giusto affidarsi alla tecnologia, ma la stessa non è un toccasana universale: almeno oggi non lo è ancora.
